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11 GIUGNO 2025

I Core Web Vitals (CWV) sono davvero essenziali per la SEO?

Al loro lancio, i Core Web Vitals hanno rappresentato un tema centrale e spesso fonte di preoccupazione per molti professionisti SEO. Oggi, con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale, l’attenzione verso questi parametri sembra essere diminuita. Ma sono davvero passati in secondo piano o continuano ad avere un ruolo rilevante nella visibilità dei siti web? In questa ecommerce tip cercheremo di fare chiarezza su questo punto.

Un po’ di storia

Nel maggio 2020 Google introduce i Core Web Vitals definendoli:

“Un insieme di metriche che misurano l’esperienza utente reale relativa a prestazioni di caricamento, interattività e stabilità visiva della pagina.”

L’obiettivo è quello di quantificare nel modo più oggettivo possibile alcuni aspetti che impattano l’esperienza utente e che Google integra come fattori di ranking nell’algoritmo di ricerca, sottolineando che un’esperienza utente di qualità è fondamentale per una buona visibilità online.

I 3 Core Web Vitals introdotti sono:

  • Largest Contentful Paint (LCP): misura le prestazioni di caricamento. Per offrire una buona esperienza utente, l’LCP deve verificarsi entro 2,5 secondi dall’inizio del caricamento della pagina.
  • First Input Delay (FID): misura il tempo che intercorre tra la prima interazione di un utente con una pagina e il momento in cui il browser è effettivamente in grado di iniziare a elaborare gli eventi in risposta a quell’interazione (ad esempio, quando si clicca su un link o si utilizza un controllo JavaScript personalizzato).
  • Cumulative Layout Shift (CLS): misura la stabilità visiva. Per offrire una buona esperienza utente, le pagine devono mantenere un CLS pari o inferiore a 0,1.

Google continua a spingere l’importanza dei Core Web Vitals attraverso comunicazioni e aggiornamenti algoritmici e fornisce strumenti e report di monitoraggio (come Lighthouse, PageSpeed Insights, il report specifico in Google Search Console) per aiutare i proprietari di siti web a monitorare e migliorare le proprie metriche.

L’ultimo aggiornamento degno di nota risale a marzo 2024, quando Google sostituisce il FID con l’INP:

  • Interaction to Next Paint (INP): misura l’adattabilità. Per offrire una buona esperienza utente, le pagine devono avere un INP pari o inferiore a 200 millisecondi.

A differenza del FID, che considera solo la prima interazione, l’INP valuta la latenza di ogni interazione, fornendo una visione più completa della reattività della pagina.

 

Strumenti di test e monitoraggio

STRUMENTI DI GOOGLE

Per monitorare e ottimizzare i Core Web Vitals, Google mette a disposizione diversi strumenti. Ognuno offre funzionalità specifiche, utili per analizzare le prestazioni delle pagine web, individuare criticità e intervenire in modo mirato.

  • Google Search Console – Report Core Web Vitals: fornisce dati reali raccolti tramite il Chrome User Experience Report (CrUX), suddivisi per dispositivi mobile e desktop. Utile per identificare gruppi di URL con problemi comuni e monitorare l’andamento nel tempo. Accessibile tramite la sezione “Esperienza” > “Segnali web essenziali” nella Search Console.​
  • PageSpeed Insights: analizza una singola pagina fornendo sia dati di campo (CrUX) sia dati di laboratorio tramite Lighthouse. Offre suggerimenti dettagliati per migliorare le prestazioni. Disponibile all’indirizzo: PageSpeed Insights.​
  • Lighthouse: strumento open-source integrato in Chrome DevTools, utilizzabile anche tramite riga di comando. Fornisce audit dettagliati su prestazioni, accessibilità, SEO e best practices. Misura metriche CWV come LCP, CLS e INP.​
  • Chrome DevTools: attraverso i pannelli “Performance” e “Lighthouse”, consente analisi approfondite del caricamento delle pagine e delle interazioni utente. Utile per identificare colli di bottiglia e ottimizzare il codice.​

STRUMENTI DI TERZE PARTI

Oltre agli strumenti sviluppati da Google, esistono diverse soluzioni di terze parti che offrono funzionalità avanzate per testare e monitorare la qualità dell’esperienza utente. Questi strumenti permettono analisi più approfondite, test da località diverse e monitoraggio continuo delle performance.

  • Webpagetest: testa il caricamento delle pagine web da diverse località geografiche, browser e dispositivi, simulando condizioni di rete reali. Fornisce misurazioni precise di LCP, INP, CLS e altre metriche chiave, con grafici che aiutano a identificare gli elementi che rallentano la pagina. Consente test multipli, video recording del caricamento, comparazione tra pagine, visualizzazione di filmstrip per approfondire l’analisi.
  • GTMetrix: testa da diverse regioni, dispositivi e connessioni lente, registra video del caricamento, traccia l’andamento nel tempo. Permette di ricevere alert automatici se le performance scendono sotto soglie preimpostate. Esegue i test di caricamento della pagina utilizzando sia Lighthouse sia Web Vitals API, fornendo report dettagliati. Mostra chiaramente i valori di LCP, INP e CLS, aiutando a individuare dove intervenire per migliorare l’esperienza utente.

Esistono numerosi altri strumenti per misurare i CWV, una lista dettagliata di oltre 23 strumenti è disponibile su SEOSLY.

Da dove arrivano i dati?

Per interpretare correttamente le metriche dei Core Web Vitals, è fondamentale comprendere la differenza tra i dati di laboratorio e quelli reali. Queste due tipologie di dati offrono prospettive diverse: una più tecnica e controllata, l’altra legata all’esperienza concreta degli utenti.

  • Dati reali (Field Data): sono basati sull’esperienza degli utenti reali e sono utilizzati da Google per il ranking. I dati reali riflettono dispositivi, reti e condizioni di navigazione effettive degli utenti.
  • Dati di laboratorio (Lab Data): sono raccolti in ambienti controllati. I dati di laboratorio non riflettono esattamente l’esperienza reale degli utenti e sono ideali per debug tecnico.

Alcuni strumenti si basano sui Field Data, raccolti direttamente durante la navigazione reale degli utenti, ad esempio:

  • Google Search Console (sezione Core Web Vitals)
  • PageSpeed Insights (parte del report: “Field Data” se disponibile)
  • Chrome User Experience Report (CrUX dataset)

Altri strumenti si affidano invece a simulazioni eseguite in ambienti controllati, ovvero i Lab Data. Tra gli strumenti che simulano il caricamento di una pagina in condizioni standardizzate figurano:

  • PageSpeed Insights (parte del report: “Lab Data”)
  • Lighthouse (anche integrato in Chrome DevTools)
  • Chrome DevTools – Performance Panel
  • WebPageTest (di default è lab data, ma può essere configurato anche per field)
  • GTmetrix (usa lab data basato su Lighthouse).

 

Principali tecniche di ottimizzazione

Di seguito vedremo quali sono gli elementi che vanno a influire sulle singole metriche dei Core Web Vitals e forniremo le linee guida per ottimizzarne i valori. Ricordiamo però che i punteggi delle metriche sono indicativi e ci aiutano a identificare i potenziali problemi legati alla user experience delle pagine web. L’obiettivo dell’ottimizzazione non deve essere il miglioramento del punteggio dei Core Web Vitals, ma un’esperienza utente di maggior qualità.

STRATEGIE DI OTTIMIZZAZIONE LCP

Un buon LCP deve stare sotto i 2.5 secondi. I principali elementi che influenzano il punteggio dell’LCP sono:

  • Tempi di risposta del server lenti
  • Risorse pesanti e non ottimizzate (es. immagini, font e altri asset critici)
  • JavaScript e CSS che bloccano il rendering

Per risolvere gli eventuali problemi e migliorare l’LCP le best practice da seguire sono le seguenti:

  • Applicare la compressione delle immagini
  • Convertire le tue immagini in un formato di nuova generazione (es. WebP)
  • Usare link rel=preload per dare priorità al caricamento degli elementi LCP
  • Fare minifying e comprimere i file di codice
  • Implementare il Critical CSS
  • Eliminare le risorse che bloccano il rendering
  • Aggiornare l’infrastruttura del server
  • Usare una Content Delivery Network (CDN)
  • Sfruttare al massimo il caching

STRATEGIE DI OTTIMIZZAZIONE CLS

Un buon CLS deve stare sotto gli 0.1 secondi. Gli elementi principali che impattano sulla metrica del CLS includono:

  • Immagini e video senza dimensioni (attributi width e height)
  • Annunci, embed e iFrame senza spazio riservato
  • Web font che causano flash di testo non stilizzato o invisibile (FOUT e FOIT)
  • Inserimento di contenuti sopra contenuti esistenti

Le linee guida per gestire al meglio queste problematiche sono:

  • Evitare di iniettare nuovi contenuti nella parte superiore della pagina sopra contenuti già esistenti
  • Aggiungere gli attributi width e height alle immagini per evitare spostamenti del layout
  • Riservare spazio sufficiente per annunci, embed e iFrame
  • Usare il font-display:swap nel CSS @font-face per controllare il comportamento di rendering dei font
  • Usare link rel=preload per i web font chiave per assicurarsi che siano disponibili il prima possibile

STRATEGIE DI OTTIMIZZAZIONE INP

Un buon INP deve stare sotto i 200ms. Gli elementi più comuni che determinano un cattivo INP sono:

  • Sovraccarico del main thread con task lunghi
  • Dimensioni del DOM troppo grandi
  • Rendering HTML servito lato client

Per garantire un buon punteggio INP e una buona reattività, le ottimizzazioni da apportare sono:

  • Evitare timer ricorrenti che sovraccaricano il main thread
  • Suddividere i task lunghi per liberare il main thread
  • Evitare sovrapposizioni di interazioni
  • Valutare la possibilità di rimuovere callback non necessari
  • Fare il defer di ciò che non è legato al rendering
  • Ridurre la dimensione del DOM

Anche i più piccoli aspetti della SEO contano: quando sono ben ottimizzati, portano risultati concreti e misurabili. Naturalmente, mettere a terra le best practice non è immediato e richiede un effort di sviluppo a volte anche elevato, quindi è sempre necessario partire da una stima di costi e benefici.

L’esperienza ci porta a dire che spesso curare alcuni aspetti dei CWV, che richiedono poco effort lato tech, è sufficiente a ottenere risultati più che soddisfacenti. È il caso, ad esempio, dell’ottimizzazione delle immagini, del font o della cache, elementi che, essendo utilizzati su tutti i page type del sito, se gestiti correttamente portano grossi benefici sul caricamento delle pagine ed esperienza dell’utente finale.

 

Quanto impattano i CWV sulla SEO?

Per capire quanto i CWV impattano sulla SEO, dobbiamo guardare la questione dal punto di vista dell’utente.
Gli utenti online hanno una soglia di tolleranza sorprendentemente bassa riguardo i tempi di caricamento delle pagine web. Google riporta che la probabilità di bounce rate aumenta del 32% quando il tempo di caricamento di una pagina passa da 1 a 3 secondi. Inoltre, le visite a siti mobile vengono abbandonate per il 53% dei casi se una pagina impiega più di 3 secondi a caricarsi.

John Mueller, uno dei massimi esponenti di Google e tra le voci più autorevoli in ambito SEO, dice:
“We’ve been pretty clear that Core Web Vitals are not giant factors in ranking, and I doubt you’d see a big drop just because of that. […] Having a website that provides a good experience for users is worthwhile, because if users are so annoyed that they don’t want to come back, you’re just wasting the first-time visitors to your site, regardless of where they come from.”

In pratica, i Core Web Vitals sono importanti per la SEO, ma non sono né l’unico né il principale fattore di ranking. Google li considera come segnali di ranking nell’ambito dell’esperienza utente:

  • Se il tuo sito ha ottimi contenuti, una forte autorità e una SEO tecnica solida, dei Core Web Vitals non ottimali non ti faranno crollare nelle SERP
  • Viceversa, se la concorrenza è alta e tutti i siti hanno contenuti simili, avere buoni Core Web Vitals può diventare un vantaggio competitivo.

In breve, i Core Web Vitals non possono compensare contenuti scarsi o SEO di base trascurata, ma permettono di migliorare l’esperienza utente e possono aiutare a posizionarsi meglio: è qui che sta il loro valore.

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